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TRA FOSSE E PASTORIZIA

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CASEIFICI E FOSSE

NON SOLO FOSSA…

I colli di Romagna dall’antichità ad oggi hanno accolto un vasto numero di greggi, allevamenti e fattorie dedite alla produzione di latte da trasformare in superbi formaggi freschi o stagionati. In particolare per quanto riguarda pecorini, il formaggio di fossa e il tipicissimo squacquerone di Romagna. L’elevata qualità delle produzioni casearie dipende indubbiamente e innanzitutto da una tradizionale cura – da parte dell’uomo – sia nei confronti della salubrità dell’ambiente in cui gli animali vengono allevati, sia dalla qualità intrinseca del latte prodotto frutto di una selezione oculata e costante nel tempo. Le produzioni tipicamente del riminese si basano sia sul latte ovino che bovino.

Il Pecorino. Indubbiamente i formaggi pecorini sono la varietà più prodotta del riminese. A prescindere dai parametri che ne influenzano la caseificazione (pecorini stagionati con metodo classico o in foglia di noce piuttosto che di castagno o ancora nella vinaccia) tutti i pecorini prodotti nel riminese possono essere consumati dopo 40 giorni dalla loro produzione (se frescchi e dolci), oppure dopo 6/12 mesi se stagionati dalle caratteristiche note piccanti.

Lo Squacquerone. Dal nome buffo e ampiamente esaustivo, questo formaggio molle, fresco e tipicissimo di tutta l’area romagnola è forse uno dei prodotti caseari maggiormente rappresentativi e originali. Dal sapore sapido ma dolce e delicato e caratterizzato da una piccola punta di acidulo che ne conferisce un aroma sempre particolare, si presenta all’occhio come una pasta bianchissima, cremosa e morbida. Caratterizzato da una nota erbacea, va consumato freschissimo e soprattutto accompagnato da una buona e fragrante piadina.

LA STAGIONE DEL GUSTO

Indubbiamente però in cima a tutte le classifiche di formaggi locali svetta lui: il Formaggio di fossa, più semplicemente detto “il Fossa”.

 

Questo formaggio straordinario è il risultato di una lavorazione e conservazione del tutto particolare e suggestiva delle forme di pecorino in ambienti sotterranei speciali dette appunto: le “fosse”.  Tradizione che si perde nel tempo e nel passato antico del territorio riminese (alcune fosse risalgono addirittura all’epoca medioevale), rappresenta un metodo di produzione casearia che è rimasto del tutto immutato nel tempo.

 

Ogni anno, verso la fine di agosto, le forme vengono racchiuse in sacchetti di fibre naturali (di canapa o di cotone) quindi riposte in grosse e profonde fosse di tufo, precedentemente foderate con uno strato di paglia. Una volta riepite, le fosse vengono chiuse con un coperchio di legno e quindi sigillate con pasta di gesso. I mesi previsti per la stagionattura sono tre e durante questo lasso di tempo sospeso, le forme subiscono un considerevole calo, pari al 20% del loro peso, e assumono forme irregolari. E’ nelle fosse e grazie all’innescarsi dei processi enzimatici in assenza di ossigeno, che le forme a poco a poco assumono i caratteri nutrizionali e organolettici tipici del “Fossa”: bassissimo contenuto di grasso e alta sapidità che lo rende facilmente digeribile ed adatto ad ogni regime alimentare. Ec è sempre nella stagionatura delle fosse che i formaggi prendono di legno, tartufo, muschio dell’ambiente dove si trovano. Il sapore va dal dolce al piccante, all’amarognolo a seconda del latte usato e delle fosse stesse.

 

Si trovano fosse un po’ ovunque nella provincia di Rimini, tuttavia e indubbiamente la concentrazione maggiore la si può indicare per la zona di Talamello (bel paesino medievale arroccato in alta Valmarecchia) con la sua “Ambra di Talamello” (nome dato da Tonino Guerra a questa tipologia di fossa dal colore quasi ambrato appunto) e nella zona di Mondaino (altro bel paese medievale nella Valconca assolutamente da visitare) con il suo “formaggio delle fosse della Porta di Sotto”, un fossa prodotto probabilmente dalle fosse più antiche di tutto il territorio.

I CASEIFICI E LE FOSSE