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STORIE ENOLOGICHE DI UNA TERRA E UN MARE DA GUSTARE

Tra i filari che guardano il mare

VINI

E VITIGNI

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Tra mare e terra

UNA TRADIZIONE

ANTICA

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VINI E VITIGNI

I principali vini del riminese

Tra le colline dell’entroterra riminese, da sempre crescono e prosperano i filari e le viti facendo di questo lembo di Romagna la fonte di un’elitaria produzione di vino.

La vocazione alla coltivazione della vite nel Riminese ha radici profonde che risalgono al periodo Villanoviano-Etrusco (VII secolo A.C.). I vigneti sono prevalentemente situati nelle zone collinari e la vicinanza al mare determina un microclima particolarmente favorevole per la produzione di uve ad alta qualità enologica. La più diffusa varietà coltivata è il Sangiovese che costituisce il vitigno base per i vini rossi DOC Colli di Rimini e Romagna. Circa 2000 aziende coltivano una superficie di 2.500 ettari e ogni anno si raccolgono circa 250.000 ql di uva da cui si ricavano circa 175.000 hl di vini DOC (circa il 60%) e IGT.

Le peculiari note aromatiche del vino prodotto concorrono a caratterizzare il patrimonio viticolo che si estende dalla costa adriatica sino alle colline delle vallate del Marecchia e del Conca.

Tra le uve rosse, il Sangiovese rappresenta la radice sulla quale si è costruita la vitivinicoltura riminese anche perché viene utilizzato come base di uvaggi con il Cabernet Sauvignon e, in misura più limitata, con uve come il Verucchiese e il Marzabino. La varietà di uve bianche è piuttosto ampia: Rebola, Trebbiano Romagnolo, e Biancame rappresentano i capostipiti della produzione di vini bianchi riminesi ottenuti sia con la vinificazione in purezza che mediante uvaggi con il Chardonnay e con il Sauvignon. Il riconoscimento della Doc “Colli di Rimini” va ad ampliare la lista degli altri vini Doc riconosciuti nel territorio riminese.

 

* I testi della presente sezione sono una riduzione della presentazione istituzionale dei Vini Doc Colli di Rimini a cura di Stefano Romani

Il Sangiovese
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Vitigno Sangiovese n.: minimo 85%.
Possono concorrere alla produzione altri vitigni a bacca di colore analogoe idonei alla coltivazione in regione Emilia Romagna, fino ad un massimo del 15%.

Colore: rosso rubino, talvolta con riflessi violacei. Profumo: vinoso con profumo delicato, talvolta floreale. Sapore: ecco, armonico, talvolta anche un po’ tannico. Gradazione min.: 12%. Abbinamenti: pasta all’uovo, carni alla brace e cacciagione, salumi e affettati con piadina romagnola. Temperatura ideale: 16°C

Cabernet Sauvignon
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Vitigno Cabernet Sauvignon minimo 85%
Altri vitigni a bacca di colore analogo, autorizzati e/o raccomandati per la Provincia di Rimini fino ad un massimo del 15%

Colore: rosso rubino, talvolta carico Profumo: caratteristico, etereo e gradevolmente erbaceo Sapore: asciutto, pieno, armonico, talvolta leggermente tannico Gradazione min.: 11,5% Abbinamenti: arrosti, carni alla brace e cacciagione e piatti dai sapori forti Temperatura ideale: 18°C Note: è prevista la tipologia Riserva (12%, invecchiamento min. 2 anni)

Rosso
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Vitigno Sangiovese 60-75%
Vitigno Cabernet Sauvignon 15-25%
Possono concorrere da soli o congiuntamente per un massimo del 25%: Merlot, Barbera, Montepulciano, Cigliegiolo, Terrano, Ancellotta.

Colore: rosso rubino intenso Profumo: ampio e caratteristico Sapore: asciutto di corpo pieno, talvolta leggermente tannico Gradazione min.: 11,5% Abbinamenti: carni alla brace e cacciagione Temperatura ideale: 18°C

Biancame
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Biancame minimo 85%
Possono concorrere da soli o congiuntamente per un massimo del 15%: Pignoletto, Chardonnay, Riesling italico, Sauvignon, Pinot bianco, Müller Thurgau.

Colore: paglierino scarico con riflessi verdognoli Profumo: caratteristico, talvolta con note floreali Sapore: asciutto, fresco, equilibrato Gradazione min.: 10,5% Abbinamenti: antipasti, pesce, crostacei Temperatura ideale: 10°C

Bianco
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Trebbiano Romagnolo 50-70%
Biancame e Bombino Bianco da soli o congiuntamente 30-50%
Possono concorrere altri vitigni a bacca di colore analogo autorizzati e/o raccomandati per la Provincia di Rimini per un massimo del 20%.

Colore: giallo paglierino Profumo: delicato, dal fruttato al floreale Sapore: asciutto, sapido, armonico Gradazione min.: 11% Abbinamenti: antipasti, carni bianche, pesce Temperatura ideale: 10°C

Rebola
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Grechetto gentile minimo 85%
Possono concorrere da soli o congiuntamente per un massimo del 15%: Biancame, Bombino bianco, Trebbiano Romagnolo.

Colore: dal paglierino chiaro al lievemente dorato (tipo secco), all’ambrato (tipo amabile/dolce e passito) Profumo: caratteristico, delicatamente fruttato, intenso il passito Sapore: asciutto, armonico, caratteristico, secco o amabile o dolce, gradevole, vellutato il passito Gradazione min.: 11,5% (secco e amabile/dolce); 15,5% (passito) Abbinamenti: antipasti e piatti di pesce (secco); crostate e torte di frutta (amabile/dolce); pasticceria secca, frutta secca, formaggi erborinati e saporiti (passito) Temperatura ideale: 10°C su tutte le tipologie.

 

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I vitigni più diffusi

IL BIANCAME

Antico vitigno di origine italica diffusosi in varie Regioni con diversi sinonimi, quali: Procanico, Trebbiano Toscano e Bianchello. In Francia, probabilmente portato dai legionari Romani quando colonizzarono la Gallia, è coltivato con il nome di Ugni Blanc ed è usato, in uvaggio, per ottenere i vini bianchi provenzali.
In Italia è coltivato in molte Regioni: nelle Marche, da cui si ottiene in purezza il Bianchello del Metauro ed in uvaggio il Falerio dei Colli Ascolani; in Toscana da cui si ottiene in uvaggio il Galestro, il Montecarlo Bianco ed altri buoni vini. Vinificato in purezza da un vino giallo paglierino scarico con sfumature verdognole.
Il profumo è sottilmente fruttato e floreale. Il corpo è snello e vivace. Anticamente il Biancame rappresentava il principale vitigno bianco coltivato nell’entroterra riminese. In un importante concorso enologico tenutosi a Rimini nel 1885, quasi tutti i vini bianchi che furono presentati nella categoria «Pasto Superiore», erano a base di Biancame. Oggi, questo vitigno, recuperato alla coltivazione, ha ritrovato la sua giusta rivalutazione. Costituisce il Colli di Rimini Biancame ed in uvaggio il Colli di Rimini Bianco.

BIANCAME
PIGNOLETTO
LA REBOLA

L’origine antica di questo vitigno è poco nota. Nei vecchi bollettini ampelografici del 1876 ed in successive note viticole degli anni ’20, si parla di una varietà di uva denominata Ribolla, coltivata nel circondario di Rimini dove viene tenuto in molta considerazione per gli ottimi vini che può dare.
Era usato, nel passato, anche per ottenere ottimi vini passiti, come risulta da importanti concorsi enologici di fine ‘800.
Recentemente è stata riscontrata la sua identità con il Grechetto gentile.
Probabilmente potrebbe appartenere alla vasta schiera di vitigni molto diversi fra loro, denominati Greci, giunti via mare sulle località costiere con gli antichi navigatori.
Varietà molto interessante, rustica, di media produttività. Se ne ottiene un vino di buona gradazione alcolica, fruttato e vellutato, molto gradevole.
Costituisce il vino Colli di Rimini Rebola nelle tipologie secco, amabile, dolce e passito.

 

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LO CHARDONNAY

Il suo nome sembra derivare da un piccolo comune del Macconais chiamato Chardonnay.
Nome derivato da Cardonnacum con cui si indicava questo luogo pieno di cardi.
Questa varietà permette di ottenere in tutto il mondo grandi vini bianchi ed ottime basi per spumanti, come avviene nello Champagne, in miscela con i mosti del Pinot Nero.
I vini fermi di questo vitigno sono di grande finezza, con un caratteristico profumo molto apprezzato e riconoscibile.
I vini di Chardonnay per le loro caratteristiche si prestano inoltre all’affinamento in legno. Coltivato in tutti i paesi con viticolture evolute quali California, Sudafrica, Cile e Australia, rappresenta di fatto uno degli standard di riferimento per i grandi vini bianchi.
In Italia, come vitigno principale o complementare, entra a far parte di numerose Denominazioni di Origine Controllata.
Nel riminese ha dimostrato di dare prodotti di ottia qualità, anche per la sua adattabilità ai terreni argillosi fortemente calcarei simili, per questa caratteristica, ai terreni dello Champagne.

CHARDONNAY
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IL SANGIOVESE

Da molto tempo la Romagna e la Toscana si contendono la paternità di questo vitigno; se è vero che i primi a menzionarlo sono stati degli autori toscani, è altrettanto vero che la grande notorietà del Sangiovese, come vino varietale, ha avuto origine dalla antica coltivazione in Romagna, sua Patria elettiva.
E’ un vitigno difficile, poco elastico nei confronti dell’ambiente in cui viene coltivato; in grado quindi di dare ottimi vini solo in ambienti particolarmente vocati quali le colline argillose dell’entroterra Riminese.
Molto versatile dal punto di vista enologico, il Sangiovese può dare ottimi novelli fruttati, gradevoli vini giovani da tutto pasto, come pure, nelle condizioni più idonee, grandi rossi da invecchiamento.
Entra a far parte in purezza di importanti vini quali il Sangiovese di Romagna ed il Brunello di Montalcino.
E’ anche un’ottima base per uvaggi molto interessanti con il Cabernet Sauvignon ed altri vitigni di pregio come nel «Colli di Rimini Rosso» ed in molti importanti vini rossi toscani, marchigiani ed umbri.

CABERNET SAUVIGNON

E’ il più grande vitigno rosso nobile francese.
Nel 1785 il Barone Secondat De Montesquieu ebbe a definirlo il vitigno senza difetti. La sua origine è probabilmente bordolese ed i vecchi sinonimi di Vidure o Bidure sembrano identificarlo con il vitigno Biturica segnalato dagli autori latini: Columella e Plinio il vecchio.
Il vino che se ne ottiene è ben colorato, tannico, di un profumo caratteristico, un misto di violetta e peperone verde.
La sua forte struttura gli permette di sostenere in crescita l’affinamento in barrique.
Certamente è difficile trovare dei difetti al Cabernet Sauvignon, infatti, oltre ad offrire un ottimo vino è un vitigno di elevata adattabilità e stabilità nei vari ambienti di coltivazione.
Ciò ha contribuito a diffonderlo in quasi tutti i paesi viticoli del mondo.
A livello mondiale è diventato di fatto lo standard di riferimento per tutti i grandi vini rossi.
Nel riminese si è dimostrato in grado di dare ottimi vini con tutte le caratteristiche tipiche della varietà.
E’ il vitigno che costituisce il Colli di Rimini Cabernet Sauvignon. Partecipa anche all’uvaggio del vino Colli di Rimini Rosso.

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MERLOT
MERLOT

Coltivato da sempre nel Bordolese, fino al XIX secolo fu quasi considerato come un vitigno secondario, descritto in maniera sommaria.
Solo nel 1854 fu fatta la prima vera descrizione botanica e un po’ più tardi furono riconosciuti i suoi meriti come importante costituente i grandi vini dell’uvaggio Bordolese, in miscela con il Malbec ed il Cabernet Sauvignon.
Il vino è profumato e fruttato, con una gradevole nota erbacea. Si presta ad essere bevuto anche piuttosto giovane.
E’ di buona produttività ed abbastanza rustico.
Sia in Italia che all’estero il Merlot sta ottenendo un grande apprezzamento ed interesse in purezza e in uvaggio come vitigno miglioratore.
In Italia entra come costituente principale ed in uvaggio in numerose Denominazioni di Origine Controllata.
E’ un importante vitigno complementare del vino Colli di Rimini Rosso e potrebbe essere il primo candidato ad entrare, come varietale, fra i vini rossi della Denominazione di Origine Controllata «Colli di Rimini».

MONTEPULCIANO

E’ una varietà di origine sconosciuta. Si ritiene essere stata introdotta in Abruzzo un paio di secoli fa. Molto diffuso nelle regioni abruzzesi, lo si ritrova anche nelle regioni limitrofe, dove ha acquisito una notevole importanza.
Il Montepulciano è un vitigno molto esigente nei confronti dell’ambiente in cui viene coltivato; necessita infatti di una somma di temperature molto elevata per raggiungere una maturazione ideale; esige quindi posizioni calde e ventilate.
Anche la sua produttività è alquanto incostante.
In condizioni ideali fornisce un vino di alta qualità: strutturato, di buon colore e profumo, complemento ideale per tagli migliorativi del Sangiovese.
Costituisce il vitigno principale dei vini D.O.C. Montepulciano d’Abruzzo e Rosso Conero. In uvaggio con il Sangiovese entra nella composizione del vino D.O.C. Rosso Piceno e di alcuni D.O.C. del Molise.
Partecipa come vitigno complementare all’uvaggio del Colli di Rimini Rosso.

MONTEPULCIANO

UNA TRADIZIONE ANTICA

Nel territorio riminese il vino e la vite hanno una storia e una tradizione millenarie. La presenza di vitigni autoctoni è testimoniata dal rinvenimento, nella valle del Conca, di tralci e frutti risalenti all’età paleolitica, mentre le prime attestazioni certe di viticoltura sono databili al VII secolo avanti Cristo, grazie ai reperti delle tombe villanoviane di Verucchio.

Da allora, la coltura della vite nel Riminese è documentata senza soluzione di continuità. Le genti etrusche vi hanno introdotto l’usanza della potatura lunga e del sostegno vivo, ripresa e proseguita dalle popolazioni galliche qui insediatesi in epoca successiva. Tanto che i Romani, giunti nel III secolo avanti Cristo, hanno dato il nome di “arbustum gallicum” a questa forma di allevamento della vite maritata all’albero.

Con la fondazione di “Ariminum” e il sistematico dissodamento delle terre circostanti, la coltura della vite e la produzione del vino hanno assunto dimensioni ragguardevoli, diventando un fattore centrale dell’economia. Di quel periodo restano numerose testimonianze figurative e le relazioni degli storici latini che esaltano gli elevati rendimenti dei vigneti locali, capaci di alimentare, per lungo tempo, forti correnti di esportazione verso l’Urbe.

Nemmeno la crisi dell’impero romano ha interrotto completamente questi traffici, come mostra una lapide dedicatoria dell’anno 251 dopo Cristo, trovata a Roma, che segnala i negozianti di vino riminese ancora attivi nella capitale.

E se la caduta dell’impero ha finito per inaridire i commerci e deprimere le attività produttive in ogni regione, nondimeno in area riminese la produzione agricola ha conservato un qualche peso, favorita anche dal nuovo ruolo che nel frattempo veniva assumendo la vicina Ravenna. La documentazione scritta disponibile per l’arco di tempo compreso fra V e X secolo, reca numerose notizie sulla presenza della vite nel Riminese e contiene interessanti informazioni sui patti colonici, le tecniche e le attrezzature relative alla vitivinicoltura.

 

Dopo il Mille, le testimonianze storiche divengono numerosissime, sia per lo sviluppo della produzione e dei commerci, sia per la maggiore ricchezza delle fonti superstiti. Nelle campagne, la trama dell’appoderamento si infittisce, le colture conquistano sempre nuovi spazi; il vigneto dilata la sua presenza in misura cospicua, garantendo una produzione vinaria tale da coprire il forte consumo interno e permettere al tempo stesso buone esportazioni sul mercato veneziano.

Gli statuti medievali di Rimini, attraverso la minuziosa normativa che regola la vita della città e del contado, offrono una moltitudine di elementi circa la viticoltura e la vinificazione, la conservazione, il trasporto, lo smercio e il consumo del vino, evidenziandone il ruolo centrale nell’economia e nella vita della gente. Sotto il profilo tecnico, pur all’interno di una società agraria complessivamente arretrata, la vitivinicoltura emerge come il settore più evoluto, destinatario dei maggiori investimenti. Le varie fasi colturali e di trasformazione del prodotto sono la sintesi positiva di esperienze diverse, portate dalle varie popolazioni che hanno abitato questa terra o ne hanno influenzato le usanze. Possiamo così constatare che l’allevamento della vite maritata all’albero è mutuato costume etrusco; l’utilizzo dei contenitori lignei a doghe deriva dalla tradizione gallica; il recipiente quadrilatero allora in uso per la vinificazione proviene dalla cultura romana; mentre il sistema torchiante basato sul binomio trave-vite è frutto delle influenze greche.

Sul ceppo di questa tradizione medievale, nell’età moderna si sono innestate le innovazioni e i perfezionamenti che hanno condotto alla situazione odierna. Il processo è stato lento ma fecondo, caratterizzato da tappe importanti: una crescente attenzione alle vocazioni agrarie dei suoli, alla scelta dei vitigni, al piantamento, alla concimazione, alle potature; quindi una crescente cura rivolta alla vendemmia, alla spremitura, alla fermentazione, alla conservazione del prodotto. Le conoscenze e le abitudini ataviche sono state filtrate attraverso la formazione professionale, la sana competizione, il superamento dell’individualismo, la socializzazione delle strutture.

Oggi, sollevando un calice di vino, possiamo leggervi in controluce le esperienze di tanti uomini, le fatiche di tante mani che per generazioni e generazioni hanno spremuto il succo di questa terra riminese.

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